Lo “STRUSCIO ” a Mortara.

 

 

 

Negli anni sessanta a Mortara, per noi, giovani studenti, era di moda

passeggiare per il Corso Garibaldi dalla Stazione Ferroviaria a Santa Croce

 e viceversa.

            Si “strusciava in compagnia” osservando una parte di Mortara e la gente.

 

Oggi non lo si fa più. Non perchè non ci sono più studenti.

Ma la gente ha fretta.

Non contempla più ed osserva meno.

I giovani, in special modo, hanno lo sguardo fisso sul display

del telefonino.

 

Io invece, passeggio come una volta e più a lungo: ho anche aumentato

 le distanze:dalla Stazione a Corso Cavour e viceversa. Da solo, e,

 qualche volta, in compagnia del mio amico scrittore Luigi Balocchi.

 

Dalla cappelletta del Cortellona alla residenza Tosi alla vetrina

 della sede del Partito Democratico, dove mi soffermo a leggere

 alcuni passi della dottrina di Gramsci. E le promesse elettorali di qualche

 anno fa e quelle più recenti.

 

Poi il Bar Cavour dove se non sei un tifoso e non te ne intendi di calcio

ti senti un extraterrestre.

 

Le biciclette di “Pele” : mi chiedo come siamo riusciti,

negli anni cinquanta, a sopravvire senza   automobili,

muovendoci in bicicletta.

 

Il Kebap: il negozio dai sapori orientali, ai quali il mio olfatto,

ormai antico, non è ancora riuscito ad assuefarsi.

Poi la tappezzeria murale dei defunti: una sosta obbligata, per vedere

in fotografia chi è passato a miglior vita. Sì la fotografia. Oggi,

nel mondo delle immagini, anche in un necrologio, ci vuole!

 

La Piazza del Municipio: sotto i portici il solito “parlamentino” .

E’ una vita che i partecipanti sanno e dicono come dovrebbe

 essere governata l’Italia. Mai ascoltati!

 

Le panchine occupate prevalentemente da zingare che tengono

tra le dita e non tra le mani, tanto sono numerose, le carrozzine con i bimbi.

 

Il “pene fontanario” della fontana della Piazza con  polluzioni

di acqua ridotte al minimo: eiaculazioni da terza età.

 

Dove il Corso si restringe, un saluto alla Tabaccheria Gardella

Lì incontro gente incollata ad un monitor che da i numeri:

sì sono i numeri del lotto.

Si vuole vincere molto per viaggiare molto. Oggi, pare, che in viaggio

non venga più il mal di testa, il mal di pancia; si cancellino le rate

e le bollette da pagare; la realtà della vita coincida con quella virtuale

che tutti vorrebbero.

 

Le vetrate sempre luride ed impolverate dell’ex

Istituto Bancario San Paolo:

  nessun interesse alla vendita,  all’affitto, ad un reimpiego dello stabile:

  tanto una Banca non ha bisogno di soldi!

 

Il vecchio negozio di Elettricità Danioni,

con le serrande abbassate e chiuso.

Elettricità: il massimo del modernismo negli anni cinquanta!

Oggi: digitale!

 

Il negozio da parrucchiere da uomo del glorioso Pierino: oggi c’è ancora

  ed è adibito a parrucchiere multisex

In sintonia con le nuove mode bizarre nelle quali la distinzione

 fra uomo e donna è molto labile.

 

Poi le vetrina di una banca con affisso il consiglio di entrare per risolvere

alcuni tuoi problemi economici.

Meglio se ci entri con già tanti soldi in tasca!

 

La chiesa di Santa Croce: sul sagrato hanno risolto il problema

del carico e scarico dei cofani mortuari e del traffico cittadino, con nuove

 transenne ed una entrata laterale.

 

La Piazza del Teatro, dove non si  possono più leggere le locandine

dei giornali dell’edicola.

L’hanno spostata più avanti e nascosta in un negozio per lasciare

il posto alle granitiche palle allineate: se le osservi mentre passeggi

e le vedi allineate, vuol dire che non soffri di astigmatismo.

 

La Fontana a getto che, oltre ad abbellire la piazza, serve per fare

il bidè alle zingare  ed agli estracomunitari che aspettano di ritirare

qualche indumento usato o cianfrusaglia nel negozio all’angolo.

 

Il Bar Lomellino, oggi con le saracineche più abbassate che alzate.

 

L’Albergo Bottala: quando raramente mi capita di vedere client

entrare od uscire con la valigia in mano od uscire dal ristorante,

mi assale  un fremito di nostalgia di come è stato bello, molte volte,

trascorre una serata a tavola, in compagnia.

 

La Fontana della Stazione Ferroviaria; gli zingari seduti sul parterre

a mangiare e bere ed abbandonare  gli incarti per terra.

 

Molte volte accorrono i Carabinieri per sedare le risse tra questi

ed i conducenti dei pullman: gli zingari vogliono viaggiare

senza pagare il biglietto della corsa.

 

Sul piazzale mi piace contare sulla punta delle dita ogni dieci persone

in attesa di partire, quanti sono gli italiani.

Ben difficilmente riesco a contare al di là delle cinque dita di una mano.

 

Il ritorno!

 

Dopo un breve saluto ai tassisti di turno, torno sui miei passi sull’altro

lato del corso.

 

Il Caffè Garibaldi, frequentato da molti giovani, specialmente

nelle “happy hours”.

 

Simpatica l’insegna da saloon western dell’Albergo San Michele.

 

 

I portici del Condominio Edra. Un saluto al coiffeur Dino e

la “battuta acida del giorno”; prendendo magari lo spunto dai quotidiani

appoggiati sulle poltroncine.

 

Le agenzie immobiliari e la portineria del condominio con

un bailamme di occasione, vendesi, affittasi.

 

Il negozio di occhiali, dove scopro che i “Ray Ban” sono sempre di moda.

Li ho comprati negli anni sessanta, risparmiando sulla spesa della benzina,

 raggiungendo l’Università in treno e non in auto. Bruciare benzina

 è  stato,e  lo sarà sempre, un lusso.

 

L’attraversamento di Via Vittorio Emanuele, oggi a senso unico

con la pista ciclabile prevalentemente percorsa dagli arabi,

 ancora poco motorizzati.

 

Bella la zona più piccola di Piazza del Teatro. Le panchine affollate

dai pensionati, specialmente dalla seconda quindicina del mese.

E’ il “Bar Risparmio”, che permette loro di sopravvivere

fino alla fine del mese.Non stonerebbe un apparecchio televisivo

 a grande schermo.

Potrebbero vedere i programmi tv, senza pagare l’ormai inutile canone.

 

Poi, davanti a Santa Croce, alcuni negozi che cambiano genere

ed articoli di vendita una volta al mese.

 

Attraverso il Vicolo Morelli; l’entrata del Cinema Ricci di una volta.

La sala è’ stata ristrutturata in zona residenziale. Una volta uscivano gli spettatori.

Oggi i fuoristrada larghi, quasi, quanto il vicolo: a fatica si immettono nel Corso.

 

Dopo una “boutique della frutta”, il negozio di abbigliamento

 dove una volta, c’era il Bar Sport.

 

Lì, con cinquanta euro puoi comprare la “divisa italiana”, indistintamente

per uomo e per donna: jeans, maglietta, e scarpe di plastica dove

mettere a “bollire” i piedi. Mi soffermo anche a leggere i prezzi

rigorosamenti espressi al nove: guai a scrivere dieci euro.

E’ d’obbligo scalare il centesimo; quidi nove virgola novantanove!

 

 

Il nuovo Bar Santi con la panchina invece dei tavoli con i tappeti

ed il posacenere.

 

Il vecchio Bar Santi con porta e vetrine chiuse;

non ricordo da quanti anni,  con fogli di legno compensato!

 

I portici di Palazzo Bedini; oggi può capitare di vederli attraversati

da automobili che vanno in garage!

 

Poi, non essendo superstizioso, passo sotto il ponteggio annoso

di ex casa Farè.

 

Passo davanti alla vecchia sede dalla Cassa di Risparmio delle

Provincie Lombarde, oggi Credito Valtellinese.

Per raccoglire i vuoti lasciati sugli scalini dai consumatori di gelati

 della gelateria di fronte, ci vorrebbero dei bidoni grandi come quelli

 dei barili di petrolio.

 

Il Bancomat; con i tempi odierni di alta volatilità del denaro,

Vedo un sacco di gente entrare ed uscire; come nei servizi igienici

di una stazione termale.

 

Infine la zona residenziale.

 

Mi piace leggere sui citofoni i nomi dei residenti.

 

Per leggere i nomi degli africani affissi sui citofoni, dovrei imparare

anche il linguaggio dei sordomuti.

 

Sono tornato alla meta di partenza.

 

Uno “struscio” di terzo millennio!

 

 

5/7/2011                                      gdeambrogi@virgilio.it

 

 

Lo “STRUSCIO ” a Mortara.ultima modifica: 2011-07-06T15:49:18+02:00da giandea1
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